Ill.mo Sig. Presidente
La CARD (Confederazione delle Associazioni Regionali dei Distretti) del Friuli Venezia Giulia, che rappresento in qualità di Presidente, esprime il più sentito ringraziamento per il Suo cortese ed apprezzato invito all’audizione del 11 novembre p.v., al fine di offrire un contributo alla elaborazione della legge “Riorganizzazione dei livelli di assistenza, norme in materia di pianificazione e programmazione sanitaria e sociosanitaria e modifiche alla legge regionale 6/2006 e alla legge regionale 26/2015”
Dalla lettura del DDL e dalla presentazione del medesimo, avvenuta in occasione dell’incontro del 11 ottobre u.s., in cui si sono susseguiti gli interventi della Direziona Centrale Salute, Politiche Sociali e Disabilità e delle diverse Direzioni delle Aree che la compongono, nonché della Azienda Regionale di Coordinamento Sanitario e delle Aziende ASUIUD, AAS2 e AAS5, sono derivate diverse sollecitazioni che ci hanno stimolato ad un confronto collegiale in Associazione, le cui conclusioni sono qui di seguito riportate schematicamente.
- Innanzitutto ci sentiamo di esprimere viva soddisfazione ed apprezzamento per l’attenzione rivolta al Distretto, per la manifesta volontà di darne piena valorizzazione ed, in particolare, per il rilievo riservato all’assistenza primaria e all’integrazione sociosanitaria, che rappresentano da sempre l’impegno centrale e qualificante delle attività di Distretto. A questo proposito l’apprezzamento è anche per l’aver ricompreso nel progetto di legge norme in materia di pianificazione e programmazione sanitaria, sociosanitaria e sociale, riservando ampio spazio, fin dai primi 12 articoli, ai principi, alle modalità e agli strumenti dell’integrazione sociosanitaria, che sono ricondotto nel complessivo “sistema salute” di cui al capo I del titolo II del progetto di legge, in ciò esprimendo al meglio il ruolo e la competenza unitaria per la Salute e le Politiche Sociali che contraddistingue la peculiarità ed il valore dell’assessorato competente della nostra Regione.
- Abbiamo altresì colto favorevolmente la sottolineatura, efficacemente espressa dal Direttore Centrale nel suo intervento, riguardo l’urgenza di fronteggiare il nuovo scenario demografico ed epidemiologico, che evidenza la crescente e preponderante rilevanza delle patologie di lunga durata, delle polipatologie, delle fragilità e delle disabilità ad esse correlate, che richiedono un approccio organizzativo rinnovato ed improntato alla multiprofessionalità, multidisciplinarietà, continuità ed integrazione. Aspetti che vengono ad incidere sui costi del Sistema Sanitario se non adeguatamente gestiti con strategie di prevenzione, di interventi precoci, tempestivi e coordinati. Ciò è tanto più vero nella nostra Regione, ad elevata prevalenza di anziani e di grandi anziani. Non ci sfugge infatti il monito del Ministero che stima i costi pro capite assorbiti dalla popolazione di età superiore ai 75 anni di essere ben 11 volte superiori a quelli medi delle persone di età compresa fra i 25 e i 34 anni. SI tratta quindi di pensare ed agire in modo coerente, per mantenere in sicurezza il nostro SSR.
- Cogliamo con soddisfazione l’intento di assegnare al Distretto la funzione di agente di tutela e accompagnamento nell’accesso e fruizione degli interventi sanitari più appropriati ed efficaci nei confronti delle problematiche di salute che investono la popolazione più fragile, a contrasto delle disuguaglianze di salute, su cui – come ben evidenziato nel testo della riforma – pesano fattori extra-sanitari sui quali occorrono politiche integrate a tutto campo. Trova nostro pieno consenso anche l’intento di riposizionare il sistema sulla medicina di iniziativa, quando ancora oggi esso continua invece ad essere prevalentemente impostato sulle modalità di attesa e su dinamiche prestazionali, caratterizzate da risposte incentrate sull’offerta anziché sul bisogno/domanda. Resta tutto da chiarire però ciò che attiene alle modalità, ai ruoli, alle leve negoziali, con cui ciò possa avvenire, dubitando che possa realizzarsi solo con l’attivazione di una “centrale operativa” aziendale la cui connessione con il distretto non è espressa nel testo del DDL, finendo per lasciare il campo ad un ampio grado di incertezza. A nostro avviso ciò che è mancato fino ad ora è stata la effettiva assegnazione al Distretto di nuovi ed efficaci strumenti e poteri per poter effettivamente svolgere quel ruolo di governo della domanda ben enfatizzato nel testo di legge. In tal senso, ci permettiamo riproporre con nuova e più forte fiducia, date le ottime premesse, che il governo del settore della medicina specialistica ambulatoriale, indipendentemente se erogata all’interno o all’esterno degli ospedali, sia posto in capo al distretto. Tale proposta è ispirata sia dall’orientamento all’appropriatezza prescrittiva, oggi necessaria non solamente nella medicina generale, ma anche nella stessa specialistica, sia dalla sentita necessità di un’azione educativa nei confronti del cittadino, tesa a contrastare comportamenti consumismi, a rafforzare la fiducia nei medici, allontanandoli così da una deriva professionale verso la cosiddetta medicina difensiva, problema emergente negli ultimi anni. Questa centralità del governo della specialistica bene si accorda con il proposito di costituire le centrali operative, che suggeriamo siano poste in capo ai Distretti, piuttosto che centralizzate, quale primo presidio del lavoro di prossimità di cui oggi tutti avvertono il bisogno. Infine, un’altra scelta strategica, a nostro parere da inserire in modo totalmente innovativo nella riforma, renderebbe ancora più possibile questa funzione di governo: il budget di distretto, ovvero la corresponsione di risorse certe, programmate all’inizio dell’anno, rispetto alla definizione di obiettivi di salute e di gestione che armonizzebbero il sistema.
- Nel testo del DDL ci sembra sia palese la volontà di attribuire al distretto il ruolo di fautore principale dell’integrazione, vedendo così affermata la visione che da molti anni CARD sostiene, cioè quella di un “distretto Integrante”; una funzione strategica che richiede l’esercizio di una governance forte, in un contesto territoriale sanitario ed extra-sanitario in cui entrano in gioco diversi soggetti, attori e portatori di interesse. Nella realizzazione di questa volontà del legislatore regionale non possiamo però non cogliere un rischio, legato alla drastica divisione tra funzioni di committenza e produzione, che sembra escludere dal distretto quest’ultima. Riteniamo, ad esempio, che uno dei principali mandati del distretto debba essere rappresentato dallo sviluppo delle cure domiciliari, cui è dedicato un articolo della riforma, di cui non possiamo che compiacerci. Ricorrendo ad una metafora, per CARD “la partita della salute si vince se si gioca in casa”, nel luogo cioè in cui le persone conducono la loro esistenza e nella comunità in cui sono inseriti. Per fare questo è necessario che il distretto disponga di una propria squadra attiva “sul campo”, non gestita da Dipartimenti esterni, o acquisita da altri comparti dell’organizzazione se non addirittura all’esterno di questa. il Centro Studi Card ha elaborato a riguardo una simulazione di organizzazione di un “buon” servizio domiciliare integrato-integrante, a misura di diversità di contesto territoriale, che ci farebbe piacere poter sperimentare. Le equipe domiciliari, a nostro parere, devono essere connotate necessariamente per la loro multiprofessionalità, disporre di personale competente e qualificato, radicato nel territorio in cui opera, in stretto e costante rapporto con tutti i professionisti della zona e gli operatori del sistema presenti localmente (MMG, PLS, Assistenti sociali, farmacisti) per poter realizzare compiutamente la presa in carico personalizzata degli assistiti complessi, che in diversi passaggi del DDL e delle note introduttive è stata molto ben richiamata quale obiettivo fondante della riforma e specifico compito del Distretto. A riguardo, in coerenza con l’art.32 della riforma, chiediamo con convinzione che sia posto quale obiettivo del prossimo triennio di dotare il SSR di un vero strumento del cambiamento: la cartella personale informatizzata dell’assistito/paziente (cosa ben diversa dal fascicolo elettronico), consultabile ed alimentabile da tutti gli attori di cura, formali ed informali, unico modo per garantire una vera ed efficace continuità terapeutica ed assistenziale.
- Ritornando al tema delle effettive possibilità di governo e quindi delle leve del cambiamento da assegnare al Distretto per poter realizzare compiutamente la presa in carico personalizzata degli assistiti complessi, è necessario chiarire – a differenza di quanto è avvenuto in passato, a livello regionale e nazionale – quali siano le scelte politico-strategiche, i vincoli legislativi che conferiscono ai Distretti concreti mezzi e modalità operative chiare per svolgere le funzioni di committenza, di negoziazione con i tanti e diversi interlocutori con cui l’offerta di servizi deve essere confezionata (Ospedali, Dipartimenti, Ambiti, soggetti privati convenzionati, ecc.). Spesso anche in passato non sono mancate le affermazioni di principi analoghi a quelli richiamati nel DDL, mai però seguite da fatti concreti. Ci permettiamo chiedere, questa volta, ad un decisore politico che dimostra chiarezza di intenzione ed impegno, volontà di cambiamento positivo, di rendere possibile in coerenza con i principi sostenuti, questo impegno alla valorizzazione e allo sviluppo della sanità territoriale ed in particolare dei Distretti. Se l’intento del legislatore regionale ha chiaro il “che cosa” si debba fare, ci sembra indispensabile ed indifferibile affermare il “come” e, soprattutto, “con quali mezzi”. Senza di questo siamo certi anche che questa legge di riforma non potrà portare vero cambiamento e correlare l’analisi demografica ed epidemiologica, lo scenario incrementale delle malattie di lungo termine e, conseguentemente, la pressione della domanda di assistenza con una nuova modalità di risposta coordinata e continuativa. A questo punto si inserisce la nostra convinta proposta che occorre siano fissati nel fondo sanitario regionale delle ripartizioni certe di risorse verso i due grandi settori, quello territoriale e quello ospedaliero, vincolanti e obbligatoriamente rispettate a livello di bilancio delle singole aziende sanitarie, preventivo e consuntivo, dato che tutte agiscono sui due fronti, territoriale ed ospedaliero. Si tratta quindi – è la nostra opinione e proposta – di praticare nei fatti quella ripartizione che già si era prefigurata come del 55% al territorio e 45% all’ospedale, opportunisticamente aggirata con operazioni di cosmesi contabile che nulla hanno avuto a che fare con la realtà operativa. Ancora, questi “paletti” che ci attendiamo a livello legislativo, dovranno essere posti non solamente nella spesa corrente, ma anche in quella in conto capitale per investimenti, assegnando risorse certe, annualmente, al territorio, per consentire il suo sviluppo. Risorse materiale sempre di molto inferiori a quanto assegnato all’ospedale (come ad esempio per le tecnologie o strutture edilizie), ma che rappresentano presupposti irrinunciabili per dare risposte di basso costo, alta efficacia a crescenti bisogni. Fra queste: automezzi, informatica, home technologies ed altro, di cui il distretto necessita di certezza di diponibilità e di rinnovo.
- Ci permettiamo inserire anche alcune osservazioni relativamente agli articoli riguardanti la ristrutturazione della rete ospedaliera. Viene ribadito l’interesse a ridistribuire le competenze specialistiche qualificate tra le funzioni spoke periferiche, oltre che nei centri hub. Questa divisione non deve impedire la continuità e la personalizzazione della cura e dell’assistenza, che infatti non può essere solo appannaggio o impegno esclusivo dei servizi distrettuali e territoriali, ma che deve entrare nelle modalità di intervento anche dei servizi ospedalieri, sia in contesto ambulatoriale che di degenza. La funzione spoke degli ospedali deve rivestire, secondo noi, il ruolo di presidio territoriale fortemente collegato al Distretto. In essa infatti, una cospicua pare dei soggetti ricoverati è rappresentata da malati cronici e polipatologici, in gran prevalenza anziani, con compromissione parziale o totale della loro autosufficienza. I programmi di continuità e presa in carico di queste persone attualmente sono ancora insoddisfacenti, pur registrandosi molti progressi rispetto ad anni fa. Occorre fare di più e meglio. Occorre iniziare più precocemente possibile i percorsi di continuità durante la degenza, grazie ad una più stretta collaborazione fra il personale dei reparti e di assistenza domiciliare dei distretti, integrando gli infermieri di continuità o coordinatori di percorso con gli infermieri P.U.A. dei Servizi Infermieristici Domiciliari dei Distretti. Un modello di questo tipo è peraltro attuato non molto lontano da noi, nella Azienda Provinciale di Trento, e ciò dimostra che è concretamente praticabile, grazie anche all’efficiente supporto informatico- informativo che in quella realtà è stato adottato. Solo in questo modo è possibile gestite le dimissioni più complesse, che non possono trovare soluzione, a nostro parere, con l’attribuzione di un ruolo di “contenitore” di decongestione post ricovero alle RSA.
- Riguardo alle RSA-cure intermedie facciamo appello affinché, nell’art. 17, siano puntualizzate le funzioni di post-acuzie delle attuali RSA, che si aggiungono a quelle di riabilitazione estensiva già citati nel testo. É necessario che tale funzione, di post-acuzie, sia ben esplicitata come propria delle RSA, e non solamente degli ospedali di comunità. Ciò renderà accettabile lo sforzo di portarle ad una ricezione di malati 7/7, tenendo tuttavia presente che per le risorse (e tariffe) oggi in vigore questo è impossibile. In ogni caso, non sfugga che gravare solamente RSA ed ospedali di comunità della funzione di “evitamento del ricovero o del prolungamento della degenza in ospedale” costituirebbe un accorgimento che finirebbe soltanto per spostare il problema da un contenitore ad un altro, pur meno costoso, e per caricare sul sistema delle cure intermedie, ancora incompleto, impegni di spesa aggiuntivi sostituibili con più forti sistemi di cure domiciliari. In ogni caso, si ricorda che accogliere e gestire pazienti dimessi in giornate festive richiederà una ben diversa dotazione di personale medico, infermieristico e di assistenza nelle strutture residenziali, con conseguenti doverosi incrementi di dotazione di personale, e correlate ricadute di costi. Si sottolinea che ciò dovrà essere accompagnato dalla radicale revisione degli standard (minutaggio/die per p.l.) o meglio, dei criteri di parametrazione (preferibili quelli riferiti a percorsi o processi di cura), ineludibilmente ben superiori a quelli attuali (linee guida RSA, DGR 1551/2015). Infine, ci sembra anche giusto proporre che si vada quantomeno a citare nel testo di riforma la necessità di trovare parametri oggettivi che correlino la dotazione di posti letto ospedaliero e le attività connesse (volumi di ricovero, ecc.) alla dimensione di ricettività programmata di strutture intermedie, per “dar fiato” agli ospedali ed evitare dimissioni premature e difficoltà alle persone più fragili.
- Nel pur comprensibile interesse a conseguire i vantaggi di un’economia di scala nella riconfigurazione organizzativa delle aree distrettuali (con conseguente identificazione di strutture operative di produzione pura), intravvediamo il pericolo di una possibile compartimentazione in settori separati (modello “a silos”) che riecheggiano le tradizionali organizzazioni ospedaliere, ormai superate, dalle quali faticosamente il sistema ha cercato e cerca di uscire, e che sono di ostacolo alla realizzazione dei percorsi di integrazioni multidisciplinare, necessari a gestire il livello di complessità che caratterizza lo scenario epidemiologico attuale. Riteniamo che non sia vantaggioso progettare una nuova organizzazione distrettuale guardandola con gli “occhiali” dell’ospedale per acuti.
- La rilevanza strategica delle modalità di intervento improntate alla medicina/sanità di iniziativa, è giustamente richiamata dal DDL, ma prevedono un sostanziale apporto di risorse professionali qualificate, non potendo basarsi esclusivamente sull’impegno dei MMG e PLS, ancorché supportati dai Medici della Continuità Assistenziale che gli Accordi Nazionali e Regionali in fase di applicazione renderanno più integrati nei percorsi delle cure primarie. Il problema della brusca deplezione numerica dei medici specialisti e generalisti, più volte sottolineato nel corso dell’incontro del 11 ottobre, dà luogo ad una situazione certamente problematica per l’intero sistema, ma se raffrontato alla numerosità dei professionisti dei Sistemi Sanitari dei principali Paesi Europei con cui il nostro SSN può confrontarsi, notiamo che la numerosità medica non è così discostante come lo è invece, in misura molto più rilevante, quella del personale infermieristico e delle altre professioni sanitarie. La sanità di iniziativa non può che avvalersi di questi professionisti se vogliamo veramente fare un deciso ed efficiente cambio di passo per fronteggiare le patologie di lungo termine e per cercare di contrastare più efficacemente il problema delle liste d’attesa, determinate in buona misura da accessi impropri a prestazioni specialistiche, per problemi che non sono stati intercettati precocemente e gestiti in modo programmato e personalizzato, come si vorrebbe realizzare attraverso la modalità della presa in carico e dei Percorsi Assistenziali previsti dal Piano Nazionale della Cronicità. Infine, il tanto auspicato potenziamento della sanità territoriale potrà vedere finalmente la sua realizzazione solo se sostenuto da un coraggioso, ma indispensabile, ripensamento dei Livelli Essenziali di Risorsa per l’Assistenza. Richiamando quindi quanto sinteticamente affermato in questa elencazione di considerazioni propositive, la CARD si rende disponibile a proporre un pannello di risorse professionali e strumentali minime per sostenere la presa in carico personalizzata ed avviare la medicina di iniziativa in un sistema fortemente integrato sul piano sanitario e sociosanitario.
In CONCLUSIONE riteniamo che per una riforma orientata realmente a determinare il cambiamento necessario per i prossimi decenni, al fine di rendere il Sistema Sanitario Regionale adeguato alle nuove sfide, sia necessario chiarire le modalità concrete con cui questo possa realizzarsi, andando oltre alle dichiarazioni di principio, ma indicando esplicitamente le priorità, i settori su cui investire o ridistribuire o riconvertire le risorse disponibili, nonché i nuovi strumenti, le funzioni e i ruoli, all’interno di precisi vincoli di budget aziendali dedicati all’area territoriale, per dar seguito ad un effettivo nuovo slancio al territorio e al riposizionamento del baricentro della sanità sul Sistema dell’Assistenza Primaria affidando al distretto il ruolo di organizzazione “integrante” per le comunità del territorio servito, venendo in tal modo a valorizzare anche il duplice ruolo dell’Assessorato, unico per la parte sociale e sanitaria.
Distinti saluti
Dott. Luciano Pletti,
Presidente CARD Friuli Venezia Giulia
Palmanova, 28 novembre 2019.