Cronicità: dalla prevenzione alla presa in carico

Il framework e le raccomandazioni (statements) per il middle management
L’attuazione dei percorsi di prevenzione e presa in carico delle patologie di lungo termine: P-PDTA – PAI
(Piano Nazionale della Prevenzione – Piano Nazionale Cronicità).

Il framework

La necessità di definire un framework per la gestione delle malattie di lunga durata ed in particolare le condizioni di multimorbilità (polipatologie) nasce sostanzialmente dalle due seguenti domande:

  • Di quali strumenti, competenze e leve necessita il management dei distretti (direttore di distretto) e dei Dipartimenti di Prevenzione, per attuare i percorsi di prevenzione e di presa in carico delle principali patologie non trasmissibili di lunga durata?
  • Come si può garantire, in modo efficace e sostenibile, la continuità e l’assistenza integrata a favore di persone portatrici di malattie croniche, che prevalentemente si presentano associate fra loro (multimorbilità)?

In un documento del 2010*, l’OMS identifica le 6 componenti chiave per un sistema sanitario efficace e sostenibile: “leadership and governance, health information systems, health financing, human resources for health, essential medical products and technologies, and service delivery” e, per la proposizione di indicazioni, si è scelto di concentrare l’attenzione prevalentemente sulla componente “service delivery”, che nella presente sessione è analizzata principalmente al livello meso del management.

Il service delivery (erogazione di servizi) riguarda principalmente

  • L’integrazione organizzativa e strutturale per garantire flessibilità e personalizzazione
  • Il sistema di miglioramento continuo della qualità

Nella definizione delle raccomandazioni da inserire nel framework, CARD e SiTI sono, in parte, entrate anche nelle altre componenti indicate dal documento OMS. Il lavoro è partito dall’individuazione dei principali quesiti che il manager dei servizi distrettuali e del Dipartimento di Prevenzione si pone, di fronte all’impegno di organizzare, avviare e condurre la gestione delle malattie non trasmissibili di lunga durata

Ne sono derivati sette statement (raccomandazioni), di seguito illustrati, identificando il quesito guida, il razionale che lo ha determinato e le principali questioni che lo contraddistinguono.


1° Statement:
A quale livello di responsabilità è opportuno attribuire la funzione di programmazione?

Il razionale.

L’attuazione di percorsi per la gestione delle principali aree di patologia di lunga durata (cronicità), rende necessario la costituzione di reti e team mutiprofessionali che operino con modalità orchestrata e coordinate secondo un programma condiviso. Vi è quindi la necessità di costituire e stabilizzare una comunità professionale (interprofessionale e multidisciplinare), che agisca con modalità orizzontali rispetto alla strutturazione aziendale ed istituzionale (superamento del funzionamento per “silos”) secondo un piano di intervento che delinea le fasi, le responsabilità, i risultati attesi e le modalità di monitoraggio e di verifica.

Le questioni aperte.

L’attuale sistema di programmazione/pianificazione aziendale è generalmente realizzato con modalità top-down (indirizzi regionali, Piani Aziendali, schede di budget ed obiettivi di struttura). il PAL (piano Attuativo Aziendale) viene solitamente definito in modo parallelo e poco collegato al piano sociosanitario locale (PdZ -Piano di Zona) per gli interventi nei settori ad alta integrazione sociosanitaria (materno-infantile, salute mentale, disabilità, anziani e non autosufficienza, dipendenze). Il Piano delle Attività Territoriali (PAT), che è previsto dal D.Leg. 229/99 all’art. 3 quater (Distretto), costituirebbe il contesto di programmazione opportuno per la pianificazione delle attività inerenti la gestione della cronicità. Il PAT quindi, dovrebbe costituire parte integrante del PAL aziendale.

Anche la prevenzione deve essere intesa come parte qualificante e sostanziale del PAT. IL PNP assegna al Dipartimento di Prevenzione il ruolo di regia, supervisione e coordinamento delle attività previste dal piano stesso, sono pertanto necessari momenti di confronto e integrazione già nella fase di programmazione per la definizione di Responsabilità e Budget dei diversi soggetti aziendali coinvolti su obiettivi di salute coerenti e solidi.

Infine, trattando il tema della programmazione, non si può sottacere il tema della disponibilità di risorse, e quindi toccare un campo che riguarda il livello “macro”, quello delle politiche sanitarie e delle politiche in genere: se si intende riorientare tutto il sistema verso i principali problemi di salute della popolazione (la cronicità, la polipatolgia, la fragilità e la non autosufficienza) le risorse vanno aumentate, ad es. circa +0.7% rispetto al PIL. Non si tratta di una quota insostenibile, ma che metterebbe in sicurezza oltre 1 milione di italiani e garantirebbe LEA della cronicità (ancora ampiamente disattesi). Tutt’oggi invece ingenti risorse della popolazione confluiscono nel mercato privato, senza nessuna pianificazione o impegno di governance.

Proposte/Raccomandazioni.

PIANIFICAZIONE INTEGRATA

il primo passo per garantire l’integrazione dell’attività di professionisti e di servizi è dato dalla pianificazione integrata e condivisa. Essa deve avvenire lungo i diversi setting di cura e riguardare soggetti appartenenti ad organizzazioni (ospedale, distretti, dipartimenti) e istituzioni (area sociale e area sanitaria).

La pianificazione riguarda l’organizzazione generale degli interventi nell’area della cronicità (PAT, PdZ) fino alla definizione del piano assistenziale individualizzato (PAI). Deve conciliare esigenze di standardizzazione degli interventi con la necessaria personalizzazione della presa in carico della persona.


2° statement:
Come identificare il target di popolazione?

Il razionale.

La programmazione deve basarsi sulla conoscenza epidemiologica della comunità servita, ottenibile in modo sistematico attraverso i dati amministrativi disponibili a sistema (cause di morte, SDO, Prestazioni specialistiche, consumo farmaci traccianti, esenzioni ticket, ecc.) = stratificazione della popolazione per diagnosi.

L’esigenza di perseguire l’equità dell’offerta, garantendo l’accesso ai servizi e l’opportunità di beneficiare degli interventi di sanità proattiva in modo efficace rispetto al bisogno individuato, richiede l’utilizzo di strumenti e modalità di stratificazione della popolazione in base ai principali determinanti non sanitari di salute (PROFILO DI COMUNITA’).

L’avvio del PDTA inoltre richiede la costruzione di registri di patologia, nei quali il ruolo dei medici di medicina generale dei pediatri di libera scelta è fondamentale.

Vi è altresì la necessità di accedere anche informazioni socio economiche per la identificazione di elementi di fragilità e per la individuazione dei soggetti a rischio. La fragilità infatti è una condizione crescente in rapporto con l’età, comprende anche le persone ammalate di malattie non trasmissibili, ma rappresenta soprattutto una condizione di elevato rischio di precipitazione delle condizioni di salute da uno stato di equilibrio, ancorché precario, ad una condizione di non autosufficienza e di profondo scadimento della qualità della vita, con correlati costi anche per la comunità (istituzionalizzazioni e ricoveri evitabili). In tale ambito l’approccio preventivo (individuazione ed intervento precoce) diventa la chiave fondamentale delle politiche sanitarie e della gestione dei servizi territoriali. E’ un settore del bisogno di salute che richiede una presenta attiva e propositiva della comunità complessiva in cui la condizione di fragilità si realizza e dove può trovare forme di supporto e di contenimento che i servizi pubblici, da soli, non sono in grado di garantire.

Costituisce quindi il settore in cui le forze attive presenti nella comunità, siano esse formali che informali (vicinato, relazioni amicali) devono essere incoraggiate, valorizzate e sostenute.

Le questioni aperte.

Non è sempre ben identificata ed operativa nelle aziende sanitarie la funzione epidemiologica che permetta la costruzione di percorsi e la programmazione di attività di promozione della salute e di medicina di iniziativa per settori mirati (target di popolazione), che garantiscano la maggior efficacia, continuità e efficienza degli interventi posti in essere. La costruzione di registri di patologia, sulla base delle informazioni raccolte dai MMG e PLS, continua a trovare difficoltà, sia per l’utilizzo ancora incompleto e non del tutto diffuso nella pratica quotidiana, da parte dei professionisti, degli strumenti gestionali disponibili a tal fine, sia per la materiale disomogeneità degli stessi (presenza sul mercato di diversi prodotti) e dell’ancora non diffuso collegamento con le strutture aziendali e i distretti per la generazione di un flusso costante e sistematico di informazioni relative alla popolazione assistita.

Non sufficientemente percorsa e sfruttata l’interlocuzione con le amministrazioni locali e le forze attive presenti nel territorio (organizzazioni di volontariato) per identificare i luoghi e gli stati sociali più a rischio (aree deprivate, popolazione fragile) su cui orientare gli interventi di promozione della salute, di reinclusione sociale e di presa in carico precoce.

Tanto più che nel Nuovi LEA (DPCM 12 gennaio 2017) nel livello Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica nell’ambito dell’area di intervento prevedono al punto F1 l’Elaborazione del Profilo di salute della comunità mette il primo piano la necessità di realizzare sistemi informativi sanitarie e sociali integrati e interoperabili per:

  • monitorare lo stato di salute della comunità
  • identificare le categorie a rischio
  • determinare i problemi sanitari prioritari
  • identificare le risorse
  • pianificare e (far) implementare strategie efficaci
  • valutare gli interventi condotti

Proposte/Raccomandazioni.

TRACCIARE IL PROFILO DI COMUNITA’

Stratificazione della popolazione per patologia e per determinanti sociali. Identificazione delle aree di maggior rischio per lo sviluppo di patologie croniche. Identificare le fasce di popolazione anziana fragile.


3° statement:
Come far entrare nella prassi professionale sanitaria, soprattutto nell’area dell’assistenza primaria, le modalità della medicina di iniziativa e della continuità delle cure?

Il razionale.

Il tema investe le principali aree professionali:

MMG, infermieri domiciliari e ospedalieri, specialisti, farmacisti ed altre professioni sanitarie. La formazione universitaria e la modalità di organizzazione del lavoro all’interno delle strutture tende a far ancora prevalere la logica dell’intervento medico-assistenziale “reattivo”.

L’approccio preventivo è ancora considerato marginale ed affidato a specifici settori dell’organizzazione (Dipartimenti della Prevenzione).

La valutazione dei risultati dei servizi e dei professionisti è orientata in assoluta prevalenza sugli aspetti prestazionali.

Necessaria l’introduzione e la diffusione di competenze, di servizi e di figure professionali adibite alla gestione dei percorsi di presa in carico continuativa attraverso i diversi setting di cura: Centrali Operative Territoriali, medico tutor di reparto (hospitalist), infermiere di continuità ospedaliero, infermieri domiciliari e assistenti sociali del Punto Unitario di Accesso (PUA) distrettuale, farmacista e farmacia di servizi.

Questioni aperte.

Il tema fa emergere due tipi principali di esigenza:

  • FORMAZIONE, dal livello universitario alla formazione professionali permanente;
  • INCENTIVAZIONE, in tesa in senso lato, che valorizzi il risultato di salute ottenuto nel singolo e nella popolazione target, piuttosto che la sola esecuzione prestazionale.

E’ necessario porre enfasi nella formazione medica di base e specialistica sulla prevenzione e sul ruolo dei determinanti sociali di salute.

Il livello di pianificazione e governo generale dei percorsi, deve poter disporre di leve incentivanti: esempio un apposito budget contrattualmente definito, per valorizzare l’impegno reso dai professionisti (MMG, PLS, professioni sanitarie) e per acquisire prestazioni integrative specialistiche da parte delle strutture competenti (ospedali, poliambulatori).

I contratti (Accordi Contrattuali Nazionali, Regionali e Locali) per personale dipendente e convenzionato, dovrebbero comprendere strumenti adeguati per favorire il cambiamento di paradigma professionale. Gli attuali Accordi Collettivi Nazionali (le cosiddette “convenzioni”) che regolano i rapporti con i professionisti della Medicina Generale, i Pediatri di Libera Scelta, i Medici di Continuità Assistenziale, gli Specialisti Ambulatoriali, sono strumento ormai obsoleti, rigidi e totalmente inadatta alle dinamiche professionali imposte dalla situazione epidemiologica attuale, ad una gestione della salute orientata ai risultati piuttosto che alle prestazioni, alla relazione di cura piuttosto che al superato rapporto paternalistico/positivista della medicina del secolo scorso.

Proposte/raccomandazioni.

PASSARE DALLA MEDICINA/SANITÀ REATTIVA (DI ATTESA) ALL’APPROCCIO PROATTIVO (DI INIZIATIVA).

Evoluzione dei paradigmi professionali tradizionali dei diversi operatori (medico, infermiere, farmacista, fisioterapista, assistente sociale, ecc.) con l’acquisizione di una visione improntata alla continuità della assistenza/presa in carico. Contrasto alla frammentazione indotta dall’organizzazione aziendale.

Garanzia di intervento sulle 24 ore 7 giorni su 7


4° statement:
Quali modalità per garantire la gestione long term nel contesto di vita della persona in condizione di sicurezza?

Il razionale.

La gestione long term richiede la promozione ed il sostegno alla gestione domiciliare delle patologie. Ciò rende ineludibile l’impegno dei professionisti a muoversi e ad essere presenti attivamente nel territorio e di sostenere l’auto cura, il care giving familiare e il welfare comunitario (empowerment, educazione terapeutica, auto-muto aiuto, solidarietà sociale). Rivedere il role set dei professionisti che devono operare secondo le logiche dell’integrated care.

Deve esser aperta ogni possibilità di organizzare il lavoro del medico di medicina generale anche secondo una divisione dei compiti e delle funzioni all’interno di una delle nuove forme aggregative. Si deve attuare una medicina fondata sulla relazione consensuale con la persona malata, per conseguire l’alleanza terapeutica e concordare il patto di cura.

Le cure domiciliari si avvalgono sempre di più della nuova tecnologia messa a disposizione per la telemedicina e la teleassistenza.

Lo sviluppo del modello della farmacia di servizi, consente di sfruttarne la capillare presenza territoriale e la facilità di accesso, al fine di rafforzare il livello di supporto e di monitoraggio dei malati inseriti nei percorsi di assistenza per patologie di lungo termine ed in particolare per multimorbilità.

Vi è la necessità di garantite nel territorio la presenza medico/infermieristica h24 7/7, con recapito telefonico unico (116/117) per offrire supporto lungo tutta la giornata e la settimana senza interruzioni alle persone assistite a domicilio per patologie di elevata complessità

Questioni aperte.

Lo sviluppo del setting domiciliare presupporne la crescita di figure professionali culturalmente attrezzate per assumere un profilo di ruolo adeguato ad operare in questo setting, secondo la logica multiprofessionale (infermiere di comunità, fisioterapista domiciliare, medico di medicina generale, farmacista, medico palliativista, psicologo di base). Richiede anche la presenza di medici specialisti di diverse branche, che agiscano anche fuori dalle mura dei presidi ospedalieri.

E’ ancora molto radicata nella cultura professionale e nella condotta del medico, la visione positivistico-paternalistiche dei rapporti con il malato (paziente).

Gli ospedali (soprattutto quelli di rete) devono essere attrezzati per offrire anche questo tipo di servizio (telemedicina, telemonitoraggio) in collaborazione con i servizi di assistenza primaria e le nuove forme aggregative della medicina generale.

E’ Ancora troppo poco diffusa la disponibilità di servizi sanitari domiciliari sulle 24 ore, sia mediche che infermieristiche.

E’ opportuno assegnare al distretto la disponibilità di un fondo destinato a gestire gli interventi di assistenza domiciliare e di cura alla persona in fasi critiche (post-dimissione ospedaliera) come previsto dai LEA, nonché di un fondo specifico per il distretto per erogare budget di cura in determinate situazioni di disagio socio-economico, finalizzate a rendere sostenibile l’attuazione delle cure nel contesto di vita della persona.

L’efficacia delle cure domiciliari erogare in modo equo dipende strettamente dalla possibilità di offrire supporti per rendere sostenibile a tutti gli strati sociali e d in tutte le condizioni abitative le cure domiciliari.

Proposte/raccomandazioni.

PASSARE DALLA LOGICA PRESTAZIONALE A QUELLA RELAZIONALE.

Necessario lo sviluppo di nuovi profili deputati alla gestione dei percorsi di continuità (nuova medicina generale delle cure primarie, medico tutor/hospitalist, farmacista di paese o di quartiere, infermiere di continuità, infermiere di comunità e di famiglia).

E’ inoltre fondamentale l’affinamento nei professionisti, di capacità relazionali (rapporto di alleanza con l’assistito, promozione della capacità di autocura e di autogestione del paziente, promozione e rinforzo dell’attività e delle competenze del care giver.


5° statement:
Quali strumenti per valutare i risultati ottenuti?

Il razionale.

Sono necessari parametri di misura degli interventi, in grado di valutare l’esito del percorso avviato e la qualità dello stesso, anche dal punto di vista della percezione dell’assistito.

Deve essere sfruttata ogni opportunità di coinvolgimento informativo e partecipativo della comunità, mediante incontri programmati con la popolazione, le organizzazioni di volontariato e con gli amministratori locali

Questioni aperte.

Questo punto risulta strategico per l’orientamento della programmazione, l’attribuzione coerente di risorse e misurazione dei risultati ottenuti.

Vi è la necessità di ricerca e sperimentazione di indicatori e standard diretti o indiretti (proxy) di outcome, nonché indicatori di processo e di impegno dei professionisti che permettano di valutare il rapporto costi/benefici e costi/qualità e di premiare il risultato ottenuto dai professionisti anziché la prestazione in sé.

Le proposte/raccomandazioni

MISURARE SISTEMATICAMENTE I RISULTATI (INDICATORI DI OUTCOME, VALUTAZIONE COSTO/EFFICACIA, COSTUMER SATISFATION)

Individuazione e sviluppo di indicatori rilevanti per misurare l’efficacia degli interventi per le persone con multimorbilità, fragilità, disabilità; nonché di indicatori del livello di integrazione ottenuto a livello sociosanitario, di continuità dell’assistenza e di contenimento del rischio (es. per polifarmacoterapia).


6° statement:
Quali sistemi/strumenti di I.C.T. sono essenziali per la long term care

Il razionale.

Il lavoro di squadra multiprofessionale, la necessità ò di cure integrate efficaci e efficienti, si fonda sulla disponibilità di mezzi di condivisione agevole e sicura delle informazioni sulle persone assistite e sui contesti di cura

Questioni aperte.

Nonostante l’incalzante progresso tecnologico nel settore dell’informatica e della telematica, i servizi sanitari e sociosanitari pubblici scontano gravi ritardi, spesso legati al basso investimento in risorse e in formazione, ma anche a difficoltà connesse al rispetto di norme di garanzia della riservatezza del dato sanitario personale e alla complessità delle misure di salvaguardia di tali principi.

Proposte/raccomandazioni.

IMPIEGARE UNA SOLIDA DOTAZIONE I.C.T. PER LE GESTIONE DELLA CONTINUITA0 DELLE CURE.

La condivisione informatizzata e telematica delle informazioni riguardanti i parametri clinico-assistenziali della persona assistita, rappresenta la spina dorsale di un sistema strutturato ed organizzato di un’integrated care patient oriented.

La dotazione di strumenti di monitoraggio per autogestione e per controllo in remoto dello stato di salute costituisce il secondo fondamentale contributo per la gestione delle patologie croniche nel contesto di vita abituale delle persone, nel corso della loro esistenza, garantendo la sicurezza e la tempestività dei provvedimenti di cura necessari anche in situazioni non prevedibili.


7° statement:
Come garantire un buon livello qualitativo dell’assistenza a domicilio e nei contesti di vita del cittadino? Come garantirgli la sicurezza?

Il Razionale.

La gestione delle cronicità e della polipatologie vede il costante sviluppo di mezzi, tecnologie e competenze in grado di effettuare al di fuori di contesti ad alta protezione sanitaria (domicilio piuttosto che ospedale) interventi di elevata complessità anche per situazioni di rilevante instabilità clinica e di grande compromissione funzionale (non autosufficienza, terminalità).

La polipatologia espone il malato ai rischi correlati alla polifarmacoterapia (scarsa aderenza, interferenza fra farmaci, eventi avversi).

Il contesto domiciliare rappresenta un ambito ad elaborato rischio infortunistico, soprattutto per le persone anziane e per i disabili.

Questioni aperte.

La gestione domiciliare dei malati, che si fonda sulla capacità di autogestione del malato stesso e di assistenza e cura da parte di familiari (care giver) apre molti interrogativi sull’efficacia dell’assistenza resa e sulla qualità di vita stessa (isolamento sociale, burnout da sovraccarico assistenziale del care giver, ecc.)

Nel corso degli utili anni si è osservata inoltre una crescente esposizione al rischio dei malati assistiti a domicilio o presso strutture residenziali: la scarsa mobilità, il rischio cadute, infezioni da microrganismi resistenti.

Le proposte/raccomandazioni.

VERIFICA DELLA QUALITA’ DELLE CURE E GESTIONE DEL RISCHIO NEL CONTESTO DELLE CURE PRIMARIE (CURE DOMICILIARI) E INTERMEDIE.

Si rende necessario in particolare, il monitoraggio della polifarmacoterapia, dell’aderenza, degli eventi avversi, gestione del rischio clinico a domicilio e nelle strutture residenziali, nonché la prevenzione cadute ed il contrasto all’uso di mezzi di contenzione.


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