Audizione per Disegno di Legge n. 27 riordino SSR 2018: intervento Presidente CARD FVG

Signor Presidente del Consiglio Regionale, signori Consiglieri

Sono Luciano Pletti, sono un medico, dirigo il distretto di Cervignano-Palmanova e sono Presidente dell’Associazione operatori distretti del FVG. Corre innanzitutto l’obbligo di ringraziarVi per questo invito ed opportunità. Sia consentito ringraziare anche la segreteria della III Commissione, ed in particolare il dott. Negro, per aver reso possibile questa ns partecipazione ad un evento così importante.

CARD FVG è l’Associazione scientifica multiprofessionale dei Distretti, affiliata alla confederazione nazionale CARD, che è la più rappresentativa in Italia delle realtà operative distrettuali. CARD Italia e FVG annoverano nello statuto l’impegno a collaborare con le Istituzioni per lo sviluppo della salute e del benessere. Alla nostra Associazione regionale da oltre 15 anni sono iscritti professionisti dei 20 distretti regionali e di altri servizi territoriali, appartenenti a molteplici discipline e a diversi profili professionali: medici, infermieri, psicologi, fisioterapisti, ma anche assistenti sociali, dietisti, ostetriche, addetti amministrativi. Ci sentiamo quindi portavoce di tutti gli operatori ed anche interpreti dei territori, vicini alla popolazione ed in particolare alle esigenze delle fasce più deboli.

Apprezzando il passaggio della relazione illustrativa del documento regionale, in cui si afferma che la Legge di riforma va intesa come “inizio di un percorso di riorganizzazione” e non come “punto di arrivo”, mi limito in questo consesso a lanciare solo alcuni appelli per il lavoro che si svilupperà nei prossimi mesi e per il quale la nostra associazione scientifica molto volentieri si pone al servizio per offrire il massimo apporto propositivo e costruttivo.

  • Lo scenario epidemiologico attuale, dominato dalle malattie croniche, ovvero dalle patologie non trasmissibili di lunga durata, che accompagnano una buona parte della vita delle persone, richiede più che mai con urgenza uno spostamento deciso del baricentro dei sistemi sanitari dal livello ospedaliero a quello dell’assistenza primaria. Ciò esige una coraggiosa, ma doverosa assegnazione di risorse materiali e professionali, che fino ad ora è stata lesinata, rendendo in buona parte disattesi i LEA Distrettuali.
  • L’incidenza e la prevalenza di tali malattie è spesso multipla, determinando il fenomeno della multimorbilità (polipatologia). Fenomeno progressivo con l’età, che richiede un approccio personalizzato piuttosto che standardizzato (ricordo che il 60% delle persone over 65enni soffrono di più d’una malattia cronica). Per tale motivo l’auspicabile sviluppo di interventi articolati secondo percorsi ben definiti (PDTA e reti di patologia), dalla prevenzione della malattia e delle sue complicanze alla presa in carico diagnostico-terapeutico-assistenziale del malato, non deve ricadere in un modello a binari separati che rischierebbero di riprodurre, sia pure in diversa forma, l’organizzazione a settori (o a silos) che così controproducente si è rivelata di fronte alla sfida della continuità e della globalità degli interventi per le patologie non trasmissibili.
  • La gestione di questi percorsi e dei processi di cura personalizzati e di iniziativa, richiede la presenza di un solido strumento di regia territoriale, attivo sulle 24 ore che rappresenti una sorta di torre di controllo della sanità territoriale: la Centrale Operativa Territoriale.
  • La gestione delle malattie di lunga durata e delle polipatologie, si svolge necessariamente nel contesto di vita delle persone e non può essere affidata ad un’unica componente professionale, ma richiede una competenza gestionale per la realizzazione dei percorsi e dei piani di lavoro integrati multiprofessionali. Una funzione di middle management che funga da albero di trasmissione fra il livello direzionale strategico e il piano operativo-professionale, la quale non può che identificarsi con la direzione del distretto, opportunamente supportata dagli organismi tecnici rappresentativi della professione medica e delle altre professioni sanitarie operanti nel sistema, quali l’Ufficio di Coordinamento delle attività distrettuali e l’ufficio distrettuale della medicina generale.

Per brevità, ci limitiamo a rappresentare in questa memoria quattro principali osservazioni puntuali al testo del DdL:

  1. Data la presenza di Aziende uniche, che includono l’assistenza territoriale ed ospedaliera, alla luce di ampie esperienze regionali e nazionali, è indispensabile che il potenziamento del territorio sia reso possibile da precisi vincoli di risorse assegnate all’una o altra area, nella misura esplicita, rispettivamente, del 50% e 45% delle spese correnti, e con precise clausole operative che assicurino questi budget. In particolare, servono nuove indicazioni regionali per evitare il ripetersi del mancato rispetto delle percentuali, tipicamente e sempre più spesso, quando assistiamo alla privazione di risorse per i Distretti – nel nostro caso – quando l’andamento dei bilanci mostra sbilanciamenti nella spesa ospedaliera, per cui tutto si blocca. Analogamente chiediamo con forte convinzione che nelle programmazioni e attuazioni sia affermata anche la ripartizione equa delle spese per gli investimenti annuali (in conto capitale), così da consentire anche ai Distretti di poter mantenere ed anche ampliare le dotazioni di mezzi, quali ad es. autovetture, beni, strumenti e teconologie (soprattutto ICT) indispensabili per l’assistenza domiciliare, beni.
  2. Ribadire l’autonomia gestionale e contabile anche per il distretto, che soprattutto per la crescente funzione di committenza, sta assumendo una crescente configurazione di centro di risorsa, dovendo gestire i rapporti convenzionali con enti, istituzioni e professionisti a vario titolo collaboranti con il SSR (strutture residenziali per anziani, strutture riabilitative ex art. 26/833, consorzi per la disabilità, ecc.) Chiediamo a tal proposito che anche per il distretto sia esplicitamente prevista la dotazione di un dirigente amministrativo a supporto della direzione di struttura, come avvien anche per i presidi “spoke”.
  3. Suggeriamo che nel testo di legge sia posto in forte risalto il tema delle Cure Primarie quale cornice generale per lo sviluppo dei servizi territoriali, in accordo con l’evidenza scientifica e le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui i Servizi Sanitari di Società anche avanzate devono fondarsi appunto sulle cure primarie, più che su quelle specialistiche ed ospedaliere. Giova ricordare che ad esse appartengono non solamente – come spesso erroneamente si semplifica – i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e le farmacie convenzionate sul territorio – visione del tutto parziale – ma anche altri servizi essenziali territoriali di prima accessibilità per donne, famiglie, bambini, adolescenti, persone disabili ed anziane. A riguardo, suggeriamo che nel testo di legge siano citate come aree prioritarie del lavoro distrettuale, oggi ad offerta incerta, quella dei problemi di neuropsichiatria infantile, della disabilità in età adulta, della demenza senile (le proiezioni sulla popolazione del FVG dei dati di prevalenza nazionale portano a stimare in oltre 25000 il numero di persona affette da demenza, di cui oltre la metà di malattia di Alzheimer; l’osservazione sul campo suffragata da fonti scientifiche evidenzia che per ogni malato di Alzheimer son impegnate nell’assistenza quotidiana a domicilio almeno 3 persone, con un carico psico-fisico enorme e conseguenti conseguenze pesanti sulla loro salute e sulla qualità di vita)
  4. l potenziamento delle attività territoriali avviene e potrà avvenire solamente attraverso i Distretti, il cui un elemento fondante è il lavoro di prossimità e di comunità. Nella nuova legge è opportuno che sia esplicitato questo mandato istituzionale del Distretto quale servizio e struttura di prossimità, per svolgere quindi un lavoro di concreta prossimità a persone ed attori del territorio, primo punto di riferimento e garanzia per la salute di tutti i cittadini e delle Comunità. Ai Distretti oggi servono chiare indicazioni legislative in tal senso, per operare in reale e tangibile vicinanza con le persone, facilitare l’accesso e la fruizione di servizi primari essenziali, tra cui al vertice poniamo le cure domiciliari ed intermedie, oggi incomplete per mancanza di risorse. Saremmo lieti di poter approfondire insieme questi temi, forti di ampie esperienze.
  5. Affermando la rilevanza del Distretto quale struttura di prossimità del SSR, diventa a nostro avviso coerente ed ineludibile integrare il paragrafo 3 dell’articolo 6 – Articolazione delle Aziende sanitarie regionali – con la necessaria precisazione che i distretti possano essere non solamente multipli ma anche sottomultipli dell’Ambito. Ciò si rende irrinunciabile quando l’Ambito ha una popolazione numerosa. L’esperienza di 20 anni di Distretti in FVG mostra che Distretti di grandi dimensioni hanno funzionato meno bene di quelli più piccoli. Riteniamo appropriato quindi che il numero dei Distretti dell’Ambito vada reso corrispondente non ad uno standard amministrativo (l’Ambito) ma alle esigenze dei territori e delle Comunità locali, nel rispetto della storia di servizi ormai introiettati dalla popolazione e considerati alleati dalla cittadinanza e dalle Istituzioni locali, grazie a buone relazioni sviluppate nel corso di molti anni. A nostro avviso, tanto più grande è l’Azienda Sanitaria, tanto maggiori devono essere le sue articolazioni territoriali distrettuali, per realizzare vera capacità di governo, buona integrazione verticale ed orizzontale (per i PAT e PDZ), come citato nella relazione illustrativa del DL: serve più partecipazione, migliori rapporti con le autonomie locali e con l’area sociale. Per ottenere tutto questo, le esperienze di 15 anni in FVG mostrano come sono i Distretti meno grandi (dimensioni attorno ai 50-70.00 abitanti) ad avvicinarsi di più a questi risultati positivi.

Concludo rinnovando a nome di tutti i nostri iscritti gratitudine per l’ascolto e ribadendo la nostra piena disponibilità ad ogni forma di collaborazione ritenuta da voi utile per la miglior riuscita del complesso percorso riformatore.


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